Quando un libro è parte della tua storia.......
Col primo di aprile si apre simbolicamente l’anno dedicato al bicentenario artusiano
Era il primo aprile 1911 quando a Forlimpopoli arrivò il telegramma che recitava: “Morto Pellegrino Urtasi istituendo erede Comune di Forlimpopoli seguirà informativa notaio. Funerali oggi ore quattordici e mezzo. Attendo conoscere sua venuta. Antonio Bonavita, Piazza d’Azeglio, 25”.
Anche se il telegramma era datato primo Aprile non si trattava di uno scherzo ma bensì di un lascito che Pellegrino Artusi faceva alla sua città natale.
Infatti, Artusi si era trasfetito a Firenze, ma facciamo un passo indietro, figlio di un droghiere benestante, in una famiglia numerosa: 12 fratelli.
Artusi fece un percorso di studi irregolare, praticamente un autodidatta perché, come ci racconta nell’Autobiografia, stabilito di fargli intraprendere la carriera di famiglia, il padre ebbe consiglio che non fosse necessaria tanta istruzione per fare il commerciante. Infatti Artusi scriverà “Quando poi, fatto adulto, ho riflettuto a questo consiglio non mi parve dato da gente savia perché un fondo d’istruzione ben data in qualunque caso è sempre giovevole.” Artusi si costruirà quel fondo d’istruzione inizialmente viaggiando per imparare le pratiche del commercio e poi, appassionandosi ai classici.
Si inserì quindi nell'attività commerciale di famiglia e, fra libri, stoffe, anici e spezie, condusse vita tranquilla fino ai trent'anni quando a seguito di un fatto criminale messo in atto dal bandito chiamato il Passatore, che con la sua banda saccheggiò Forlimpopoli e Pellegrino Artusi e la sua famiglia pagarono il prezzo più alto di questo crimine.
In seguito a questo episodio, la famiglia Artusi decise di abbandonare quelle terre infestate dai banditi e nel maggio si trasferì a Firenze, capitale dell'allora più sicuro Granducato di Toscana. Gli Artusi si stabilirono in Via dei Calzaiuoli, dove rilevarono un banco di vendita di seta.
Nel 1865 Artusi decise di lasciare la mai amata attività commerciale e prima del 1870, neanche cinquantenne, Artusi si ritirò a vita privata per godere il frutto delle sue fatiche e si dedicò alla scrittura e prese singolare gusto a scrivere ricette di cucina, avvalendosi di esperienze antiche e nuove. Pubblicò poi le sue creazioni nel famosissimo La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene
Abitò nel Villino Puccioni in piazza D'Azeglio a Firenze, dove tranquillamente condusse la sua esistenza fino al 1911, quando morì, a 90 anni.
Quindi con quel telegramma, a 59 anni dalla sua partenza dalla città natale, Artusi tornava così nella sua Forlimpopoli portandole in eredità, oltre ai beni che avrebbero consentito l’apertura delle biblioteca e di diversi servizi di natura socio-assistenziale, fama a livello nazionale e internazionale grazie al suo volume.
Ora che l’emergenza del corona virus ci costringe ad una quotidianità forzata e tutti noi siamo (ri)diventati abili cuochi possiamo sostenere che gli italiani non hanno mai abbandonato la propria cultura alimentare, costruita sulle tradizioni che continuano a vivere nella memoria di ciascuno di noi, vera biblioteca olfattiva e visiva a cui continuamente si attinge.
Citiamo La ricerca fatta da Casa Artusi sui comportamenti degli Italiani quando vanno ai fornelli, il 67,5 % ricorda le ricette che prepara a memoria, ma allo stesso tempo il 54% ha in casa un libro di cucina e il 63,9% consulta il WEB. Fonti multiple per multiple versioni. Artusi (letto dal 23% a cui si aggiunge conosciuto dal 61%) sarebbe contento, perché le sue ricette non erano codici, ma racconti. Non cristallizzavano un piatto, davano se mai delle indicazioni e terminavano sempre con una postilla: Se questo ingrediente non vi piace, cambiatelo a vostro gusto “ .
Ci piace occuparci di questa storia e celebrare il bicentenario artusiano perchè fa parte anche della nostra storia, infatti, la copia che vedete nelle foto fa parte della nostra libreria, il che sarebbe anche normale se avessimo trovato quel libro in un mercatino delle pulci, ma non è così; quel manuale fa parte della storia della nostra famiglia infatti fu comprato da mia nonna prima del 1930 e quindi è arrivato a mia madre e poi a me.
Immaginate quante volte è stato consultato e quanti consigli ha dispensato contribuendo a plasmare la nostra voglia di sperimentare, sopratutto pensate in che periodo storico e stato vicino a mia nonna , giovane sposina, che trovava in questo libro un compagno di vita, altro che internet.
Bene vi lascio qualche link per i vostri approfondimenti e grazie per essere arrivati fin qui.
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